Baci Protoplasmatici |
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Tratto dal “Cervello Del Bambino” - Anno: 1986 - Di Richard
M. Restak (neurologo) |
Ogni neurone è composto da un corpo cellulare, o soma, oltre che da varie «antenne» riceventi, chiamate dendriti (dal greco dendron, «albero», con riferimento ai suoi rami) o prolungamenti protoplasmatici, e da un singolo assone sottilissimo che trasmette segnali elettrici a varia distanza dal soma. La cellula nervosa, o neurone, possiede quindi processi che si occupano della ricezione e della trasmissione. Il segnale nervoso, che ha inizio nel soma, percorre la lunghezza dell’assone a una velocità circa dieci volte maggiore di quella con cui un atleta ben allenato è in grado di correre i cento metri. La cellula nervosa trasmette i suoi «messaggi» per mezzo di un codice fondato sugli intervalli variabili che separano i segnali successivi. I segnali non si differenziano fra loro per essere più grandi o più intensi: quel che importa è il numero di segnali nervosi e gli intervalli fra loro. Nella loro parte terminale gli assoni si allargano e si ramificano in diramazioni sempre più sottili e delicate. Queste ramificazioni terminali sono chiamate telodendria (dal greco dendron, come visto, significa albero, e telos significa «fine», «termine»). Osservati con un potente microscopio, questi ramoscelli terminali (arborizzazioni dell’assone) somigliano moltissimo ad alberi in un paesaggio tardo autunnale. E, come gli alberi, danno l’idea di strutture create senza un disegno preciso. I punti più minuti dell’arborizzazione, i ramoscelli ultimi di questa grande vegetazione cerebrale, si trovavano quasi a contatto con i dendriti di altri neuroni, senza però mai toccarli. Questo particolare dell’essere quasi a contatto ha la sua importanza. Nel caso di un contatto diretto o di una fusione fra arborizzazioni dell’assone e dendriti, si sarebbe potuto considerare il cervello un’immensa rete in cui «ogni cosa è connessa a ogni altra cosa». Questa teoria del cervello come una rete, o reticolo, dominò lungo tempo. Il suo propugnatore più acceso, Camillo Golgi, ricevette addirittura un Premio Nobel, che dovette per altro condividere con Ramòn y Cajal, cui va il merito di aver riconosciuto le cose com’erano realmente: i singoli neuroni si avvicinavano sempre più l’uno all’altro senza però mai toccarsi del tutto. Al punto di quasi contatto fra il ramoscello dell’assone di un neurone e il dendrite di un altro si forma quella che, nell’Ottocento, l’eminente fisiologo Sir Charles Sherrington chiamo “sinapsi” (dal greco, col significato di «contatto», «punto di giunzione»). Quando il segnale
nervoso raggiunge l’estremità dell’assone, il ramo
finale col suo ramoscello più fine, si trasforma da segnale elettrico
in segnale chimico. Questo mutamento provoca un breve ritardo al punto
di passaggio; un arresto che dura non più di mezzo millesimo di
secondo. Alla terminazione nervosa, in prossimità della sinapsi,
certe sostanze chimiche sono racchiuse in minuscole strutture simili a
bolle, le vescicole, il segnale elettrico attiva queste vescicole, che
liberano le loro sostanze chimiche (neurotrasmettitori) nella giunzione
sinaptica. Nel cervello non esistono assoni che non siano connessi ad altre cellule nervose. Il neurone - che sotto un certo aspetto potrebbe essere considerato una cellula solitaria non essendo fuso con altri - è in realtà connesso in modo funzionale a innumerevoli altre cellule nervose. Neuroni molto lontani fra loro possono unirsi attraverso le loro arborizzazioni assonali e dendritiche a produrre un pensiero, un impulso, l’inizio di un sonetto. Dopo qualche millisecondo questo gruppo attivo di neuroni può rompersi a formare altri gruppi. La flessibilità nelle connessioni funzionali si fonda su catene di anelli sinaptici: se si rompe una maglia in una giunzione critica, si spezza l’intera catena. La formazione di una connessione sinaptica fra due neuroni non è una garanzia che uno dei due neuroni riuscirà a sopravvivere a lungo. La natura è troppo dissipatrice per fornire assicurazioni del genere. In vero, connessioni neuronali sì formano in numero assai maggiore di quelle che possono durare. Ramòn y Cajal, in un momento di distensione, si dilettò una volta a osservare la crescita eccessiva delle ramificazioni dendritiche, dirette apparentemente a caso. L’esame di un tessuto cerebrale simile appartenente a stadi di sviluppo posteriori rivelò una riduzione nel numero e nella complessità di tali ramificazioni. Egli riconobbe immediatamente di avere osservato, senza saperlo, “un’epica storia d’amore”. Descrisse in questo modo la situazione:
La precisione unita alla flessibilità, la poesia intrecciata col calcolo più distaccato, la prevedibilità e il caos. .Da queste dicotomie si è evoluto il cervello umano. Ed è proprio nel primo periodo di sviluppo del cervello che è più facile percepire la struttura di queste influenze distinte. Se lo sviluppo delle sinapsi è in parte una storia d’amore, esso procede anche secondo un intreccio definito e spesso immutabile. «Le sinapsi appaiono in modo improvviso e subito crescono rapidamente di numero», scrive Marcus Jacobson, un neuroanatomista:
La nostra conoscenza del modo in cui i neuroni si connettono fra loro fu conseguita grazie a un misto di accortezza e di fortuna. I neuroscienziati sapevano già dall’inizio dell’Ottocento che le cellule nervose tendono ad assorbire diverse sostanze chimiche. Essi furono debitori di quest’osservazione ai botanici, i quali avevano osservato anni precedenti come piante vive potevano essere colorate con speciali soluzioni. Anche neuroni prelevati dal cervello fetale possono essere colorati in questo modo, ma questo processo non è di molta utilità; grandi fogli di tessuto nervoso assorbono infatti il pigmento, precludendo ogni possibilità di differenziare un neurone dall’altro o di distinguere una parte del cervello da un’altra. Per caso o forse sarebbe meglio dire per un puro colpo di fortuna uno neuroscienziato lasciò per una notte alcune sezioni di cervello colorate in una soluzione diluita. La mattina dopo trovò sul suo tavolo un capolavoro: il tessuto nervoso si era nettamente differenziato in sostanza grigia e sostanza bianca. La sostanza
(o materia) grigia del cervello umano è composta dal soma (corpo
cellulare), dai dendriti e dalle origini e terminazioni degli assoni.
La sostanza bianca è formata da molti fasci di assoni inguainati
in un involucro esterno di una sostanza detta mielina. Questa mielina
svolge la funzione di uno strato isolante, accrescendo in tal modo la
velocità della conduzione nervosa lungo l’assone. E’
alla mielina che si deve anche l’espressione «sostanza bianca»,
poiché i neuroni avvolti nella guaina mieilinica sono più
chiari (in seguito alla colorazione) di quelli privi della guaina mielinica. |